Quando torni a casa e ti senti di nuovo l’adolescente incompresa
Hai mai provato quella strana sensazione? Sei una donna adulta, magari hai un lavoro che richiede responsabilità, gestisci un’intera famiglia, paghi le bollette in tempo (quasi sempre) … e poi, appena varchi la soglia di casa dei tuoi genitori… BAM! Come per magia, ti ritrovi catapultata nella versione 15enne di te stessa, con la frangetta sbagliata, il broncio cronico e quell’irritante senso di inadeguatezza da “non sono mai abbastanza”.
Tua madre che ti osserva e dice “ti sei stancata troppo, si vede dalla faccia”, tuo padre che sospira appena nomini il tuo attuale compagno (“ancora lui?”), e tu che sprofondi emotivamente sotto al tavolo, nonostante i tuoi tacchi da adulta e il portamento sicuro.
Se ti è successo anche solo una volta – e se stai leggendo questo blog, direi che c’è una buona probabilità – sappi che questo non è un caso. Ha un nome. O meglio, ha un padre fondatore: Murray Bowen.
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Chi era Murray Bowen?
Uno che le famiglie le guardava come Jane Goodall osservava i gorilla
Nato nel 1913, nel cuore rurale del Tennessee, Bowen cresce in una famiglia che, a modo suo, gli insegna il valore della struttura, della responsabilità e della discrezione emotiva (leggi: “non si parla dei fatti propri in giro”).
Laureato in medicina e poi specializzato in psichiatria, inizia con l’approccio classico, ma si rende presto conto che c’è qualcosa che non torna: i pazienti migliorano… finché non tornano in famiglia.
E lì, zac! Tutto si complica di nuovo.
Allora Bowen cambia prospettiva e fa la domanda che lo renderà famoso:
“E se il problema non fosse solo l’individuo, ma il sistema di relazioni in cui è immerso?”
Così nasce il suo approccio rivoluzionario: la Terapia Familiare Sistemica, un modo nuovo di guardare all’individuo come parte di un tutto. Ma la vera chicca? È che Bowen non cercava di sottolineare quanto fossimo diversi dagli animali… bensì quanto gli somigliassimo.
Sì, hai letto bene: per lui, le dinamiche familiari umane funzionano proprio come quelle dei branchi, dei gruppi sociali animali, delle colonie di primati. Anche noi abbiamo gerarchie, tensioni, rituali di accoppiamento (con tanto di chat scomode) e modalità di gestione dell’ansia simili a quelle osservate nei mammiferi.
In un certo senso, Bowen è stato anche un etologo dell’animo umano.
Il suo esperimento più famoso (e più controverso)
Negli anni ’50, mentre lavora al National Institute of Mental Health, Bowen lancia un esperimento che oggi probabilmente finirebbe nei titoli di coda di una docu-serie Netflix: ospita madri e figlie con schizofrenia in una struttura residenziale, per osservare da vicino come si muove l’ansia familiare in tempo reale.
No, non era un reality, ma quasi.
Bowen non voleva “curare” qualcuno. Voleva vedere il sistema in azione, come un antropologo alle prese con una tribù emotiva. E da lì nasce un’intuizione fondamentale: l’ansia si trasmette tra i membri della famiglia come una corrente elettrica, e non si può capire (né sciogliere) se si osserva solo il singolo.
I concetti chiave del suo pensiero – spiegati come li spiegherei io a cena con le amiche
1. Differenziazione del Sé
La vera chicca di Bowen.
È la capacità di essere connessa alla tua famiglia senza perdere te stessa. Una sorta di zen emotivo, una danza tra “io ti amo” e “ma non sono te”.
Hai presente quando tua madre ti dice che sei egoista perché non vai a trovarla ogni domenica? Se la tua differenziazione è bassa, crolli di sensi di colpa e prendi subito la macchina. Se è alta, magari ti dispiace… ma resti fedele a ciò che ti fa bene.
2. I Triangoli
Quando due membri della famiglia non riescono a gestire la tensione tra loro, ne coinvolgono un terzo. Tipo: tuo fratello litiga con vostra madre, e chiama te per “sfogarsi”. Ma in realtà, ti ha appena messo al centro del loro casino.
Il triangolo è il meccanismo più comune per regolare l’ansia. Ma non la risolve, semplicemente la sposta. E alla lunga, chi è nel mezzo, si brucia.
3. Proiezione Familiare
Sai quella cosa che i genitori fanno quando trasferiscono le loro ansie, paure e sogni non realizzati sui figli? Ecco, Bowen la chiama “proiezione”.
Tipo: tua madre era insicura da giovane? E adesso ti ripete ogni tre per due che “non sei capace di stare da sola”. Magari ti ama… ma sta proiettando le sue paure su di te.
4. Il Processo Multigenerazionale
Le emozioni viaggiano. Le storie si tramandano.
Quello che non è stato detto, guarito o riconciliato nelle generazioni precedenti… si ripete.
A volte ti ritrovi a vivere le stesse paure di tua nonna, o a scegliere partner che sembrano l’eco di tuo padre. Non è un caso. È il sistema che ti spinge a risolvere qualcosa che è rimasto sospeso.
Bowen oggi: più attuale di un podcast sul benessere
In un mondo dove ci insegnano a “lasciarci il passato alle spalle”, Bowen ci sussurra:
“Guarda da dove vieni. Capiscilo. Non per rimanerci imprigionata, ma per poter scegliere consapevolmente dove andare.”
Il suo pensiero ci invita a esplorare le connessioni invisibili che influenzano le nostre emozioni, relazioni e scelte, ricordandoci che non possiamo spezzare il filo se non lo vediamo.
Siamo un po’ tutte scimmiette evolute
Murray Bowen non ci ha lasciato un protocollo rigido da seguire, ma una mappa emotiva da esplorare. Ci ha insegnato che non esiste un individuo slegato, ma solo persone intrecciate dentro storie, emozioni e silenzi condivisi.
E forse, se impariamo a guardare le nostre famiglie come piccoli ecosistemi – non perfetti, ma coerenti – possiamo finalmente smettere di lottare per cambiare tutto, e iniziare a muoverci con grazia dentro quello che c’è.Alla fine, non siamo così diversi dai branchi. Solo… indossiamo scarpe col tacco mentre scappiamo dai nostri fantasmi.


