“Ehi, ma sei tutto tuo padre!”
Quante volte lo hai sentito dire? Magari mentre facevi quella smorfia tipica, o quando ti sei ostinato a non chiedere indicazioni e ti sei perso per la terza volta di fila. Ma se ti dicessi che assomigli a tuo padre (o a tua madre, o alla zia Pina) anche in modi che non immagini?
Benvenuto nel mondo affascinante del genogramma.
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Cos’è, in parole semplici?
Il genogramma è un albero genealogico con i superpoteri. Non si limita a dirti chi è nato, chi ha sposato chi e quando è morto nonno Armando. Va molto più in profondità. Mappa legami, emozioni, alleanze e segreti. E a volte, racconta storie che nessuno ha mai osato dire ad alta voce.
È lo strumento con cui molti terapeuti familiari, counselor e detective emotivi (sì, esistiamo) vanno a caccia di schemi relazionali, ripetizioni transgenerazionali e dinamiche invisibili che si tramandano più delle tovaglie ricamate.
Le origini: quando tutto è iniziato con un giovane curioso nel Tennessee
La nascita del genogramma la dobbiamo a un uomo che non aveva paura di farsi domande scomode: Murray Bowen. Siamo negli anni ’50, in un’epoca in cui la psicoterapia era centrata principalmente sull’individuo. Ma Bowen, psichiatra e osservatore incallito delle stranezze umane, aveva una teoria: “nessuno vive isolato”. Nemmeno lo zio che ha cambiato tre continenti per non partecipare ai pranzi di famiglia.
L’intuizione arrivò mentre lavorava con pazienti schizofrenici e notava come i loro sintomi fossero spesso intrecciati a doppio filo con la rete familiare. È come se le emozioni, le ansie, le paure di un membro si trasmettessero come corrente elettrica a tutto il sistema. Così decise di iniziare a mappare queste relazioni. Non solo chi era imparentato con chi, ma come erano connessi: chi parlava con chi, chi ignorava chi, chi sembrava essere sempre al centro dei drammi (spoiler: spesso la nonna).
Nasce così il Family Diagram, che poi diventerà il nostro amato genogramma. Uno strumento tanto semplice quanto rivoluzionario: un foglio con simboli, frecce, date…e un sacco di rivelazioni.
“Ogni individuo porta con sé tre generazioni.” – Proverbio africano citato da molti terapeuti sistemici
Bowen credeva che le emozioni si trasmettessero come un’eredità silenziosa. E che, se volevamo davvero comprendere una persona, dovevamo guardare al suo sistema. Non per dare colpe, ma per prendere consapevolezza. La chiave era: distanziarsi senza scollegarsi. Cioè, comprendere da dove vieni…ma senza restare intrappolato in quel passato.
Curiosità storica: inizialmente Bowen tracciava i primi genogrammi a mano su grandi fogli, appesi alle pareti del reparto psichiatrico in cui lavorava. Invitava i familiari dei pazienti a osservarli insieme e a riflettere sui legami più significativi. Un gesto rivoluzionario per l’epoca, quasi teatrale: per la prima volta la famiglia non era solo “fonte di problema”, ma diventava parte attiva della cura. Un vero colpo di scena nella storia della psicoterapia.
Anche Virginia Woolf, la scrittrice, pur senza saperlo, nel suo capolavoro Al faro coglie l’essenza di ciò che oggi esploriamo con il genogramma. Le relazioni tra i personaggi – madri, figli, compagni – sono fatte di silenzi, obblighi non detti e riverberi generazionali. Non disegnava alberi genealogici, ma li scriveva tra le righe. Come a dire: le famiglie sono romanzi, alcuni ancora senza finale.
Come funziona (senza fare spoiler troppo clinici)
Immagina un disegno: ci sono i classici cerchietti (femmine) e quadratini (maschi), linee dritte per unioni, linee diagonali per separazioni, fulmini per conflitti e magari qualche tratteggio per legami “complicati”. Ma soprattutto, ci sono domande, tante:
- Chi si prende cura di chi?
- Ci sono alleanze fisse? Tipo mamma e zia contro di te?
- Quali eventi significativi (lutti, malattie, trasferimenti, ecc.) hanno inciso profondamente?
- E le ripetizioni? Sempre il secondo figlio che scappa all’estero? Sempre le donne a portare il peso emotivo della famiglia?
Spoiler senza rovinarvi l’effetto: anche il silenzio dice qualcosa. Una persona non menzionata, una storia che tutti evitano, un nome che manca… il genogramma li tira fuori meglio di una seduta di cartomanzia con tarocchi di famiglia.
Perché è così potente?
Perché, oltre a mostrare l’albero, ti fa sentire le radici. Ti mostra ciò che si ripete, ciò che si nasconde, ciò che si incastra male. E lo fa in modo visivo, pratico, quasi investigativo.
Esempio vero (con nomi cambiati, ovvio): Marta, 35 anni, arriva in studio con un dubbio: perché attira sempre partner “fragili da salvare”? Genogramma alla mano, emergono almeno tre generazioni di donne che hanno cresciuto uomini complicati. Non era amore, era copione. E quando lo vedi nero su bianco, ti viene voglia di scriverne uno nuovo. Uno tuo.
Il genogramma ci aiuta a distinguere tra ciò che abbiamo scelto e ciò che ci è stato trasmesso, tra ciò che ci appartiene e ciò che portiamo per qualcun altro.
Quindi… è per tutti?
Assolutamente sì. Non devi essere all’interno di un percorso per usare un genogramma. Può essere uno strumento potente anche solo per conoscersi meglio, capire da dove arriviamo, quali eredità emotive portiamo. Può aiutarti a leggere con nuovi occhi non solo la tua storia, ma anche le relazioni che hai con gli altri (ovvio che se sono qui a parlartene, mi piacerebbe accompagnarti).
È come Google Maps della tua psiche: ti fa vedere il percorso, ma anche le buche, i sensi unici, e magari quei giri assurdi che continui a fare senza motivo.
Molti insegnanti, educatori, coach e perfino manager lo utilizzano per comprendere le dinamiche nei gruppi. Perché sì: anche nei team, certe logiche familiari si ripresentano… solo con il caffè della macchinetta invece del pranzo della domenica.
Conclusione: un disegno che vale mille parole (e qualche silenzio)
Se ti è capitato di vedere Encanto della Disney, hai già fatto un viaggio dentro un genogramma animato senza saperlo. Ogni membro della famiglia Madrigal porta un “dono”… ma anche un fardello. E la protagonista, Mirabel, scopre che il vero dono è rompere lo schema, rivelare i segreti, e restituire armonia. Praticamente un genogramma cantato e ballato. E sì, ci fa anche piangere (perché certe famiglie sono universali).
Se invece cerchi un film più adulto, ti consiglio I segreti di Osage County con Meryl Streep e Julia Roberts. Un pranzo di famiglia che finisce in una resa dei conti emotiva, tra recriminazioni, ruoli fissi e antichi segreti che emergono come lava da un vulcano generazionale. È praticamente un genogramma drammatico fatto film: lì, ogni personaggio sembra portare sulle spalle l’intero albero genealogico – radici, rami storti e frutti caduti.
Il genogramma non ti dice cosa fare. Non ti giudica. Ma ti rivela. Ti mette davanti allo specchio di storie, scelte, modelli che hai ereditato. Poi sta a te decidere: vuoi ripetere o trasformare?
Nel dubbio, io tengo sempre una matita pronta. E un foglio. Perché certe famiglie, più che capirle, vanno disegnate.
Vuoi scoprire cosa racconta il tuo genogramma? Resta connesso, o scrivimi a domande@humansties.com se vuoi iniziare il tuo viaggio tra le linee della tua storia.


