La Mia Interpretazione delle Costellazioni Familiari: Un Tango con l’Anima

Quando si parla di costellazioni familiari, ognuno ha il suo modo di interpretarle e di portarle in vita. Io ho avuto la fortuna di essere guidata da maestri straordinari come Jutta Ten Herkel, Bertold Ulsamer e Gianni Fortunato, e grazie a loro ho sviluppato un approccio che è personale e spero coinvolgente. Per me, le costellazioni familiari sono un po’ come un tango: una danza sottile e profonda, fatta di intenzioni, storie e movimenti che seguono il ritmo unico di chi ho davanti.

L’Intenzione: Dove Tutto Inizia

Prima di tutto, mi interessa sapere qual è l’intenzione della persona che vuole fare una costellazione. E qui non parlo di quei desideri nebulosi tipo “voglio migliorare la mia vita”, che per me significano tutto e nulla. No, voglio sapere esattamente dove vuole arrivare. Jutta Ten Herkel mi ha insegnato che l’intenzione è la chiave: è la bussola che ci guida attraverso il labirinto delle dinamiche familiari.

Quindi, quando una persona si siede davanti a me e mi dice che vuole fare una costellazione, la prima domanda che le faccio è sempre la stessa: “Cosa vuoi davvero raggiungere?” E non mi fermo finché non otteniamo un’intenzione chiara, trasportabile, come dice Gianni Fortunato, “con una carriola”. Perché se non sai dove stai andando, come puoi aspettarti di arrivarci?

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La Storia Familiare: Un Focolare di Emozioni

Una volta definita l’intenzione, mi crogiolo nella storia familiare della persona come farei davanti a un caminetto in una fredda serata d’inverno, con una copertina e una tisana calda. Mi immergo completamente nelle emozioni, nei racconti, nei dettagli che spesso passano inosservati ma che, a ben guardare, rivelano tutto. Ascolto attentamente ogni parola, ogni silenzio, ogni pausa. Raccontata così sembra un momento infinito, e energeticamente lo è, nella realtà può durare da 5 a 20 minuti, dipende dal grado di consapevolezza del cliente e dalla capacità ed esperienza del facilitatore. 

È in questo momento che comincio a vestire le emozioni del mio cliente, come un mantello fatto su misura. Entro nella sua storia, sento il peso dei suoi nodi gordiani, quei punti di tensione che si manifestano non solo a parole, ma anche nel linguaggio del corpo: una postura che cambia, un tono di voce che si abbassa, un gesto che sfugge. Sono questi dettagli, spesso apparentemente insignificanti, a guidarmi verso i veri punti di rottura, le crepe che devono essere sanate.

E c’è sempre un momento, quasi magico, in cui tutto diventa chiaro: il cliente dice qualcosa, si muove in un certo modo, e all’improvviso, quella storia che sembrava così complessa si svela, rivelando i suoi nodi, le sue verità nascoste.

Riformulare l’Intenzione: La Chiave del Cambiamento

Dopo aver ascoltato la storia, riformulo l’intenzione insieme al cliente. E qui non lascio spazio alla vaghezza. “Voglio stare meglio” non è un’intenzione, è un’aspirazione vaga. L’intenzione deve essere concreta, specifica, qualcosa che puoi portare con te, qualcosa che è tanto chiara che riesci a immaginare cosa cambierebbe nella tua vita avendola raggiunta. Deve essere qualcosa di chiaro, qualcosa che, se fosse un oggetto, sapresti dove metterlo.

Lavoriamo insieme per affinare l’intenzione, perché senza una meta precisa, rischiamo di perderci lungo il cammino. Solo quando l’intenzione è chiara e concreta, procediamo alla fase successiva.

La Messa in Scena: La Danza delle Emozioni

Ecco che arriviamo al cuore della costellazione: la messa in scena. Se siamo in un gruppo, chiedo al cliente di scegliere i rappresentanti che daranno vita alla sua idea interna, posizionandoli nello spazio fisico. Se lavoriamo in una sessione individuale, usiamo degli omini su un piano – e mentre il cliente li posiziona, spesso continua a parlare, a descrivere, a dare nuove informazioni che mi aiutano a vedere dove c’è movimento, dove c’è blocco.

È qui che il mio lavoro diventa davvero una danza. Come in un tango, seguo il ritmo delle emozioni che emergono, assecondo i movimenti, lascio che il flusso naturale della costellazione mi guidi. Non forzo nulla, non spingo verso una direzione prefissata. Piuttosto, lascio che sia la costellazione a mostrarmi dove andare, come muovermi. Fino a quando, quasi senza accorgermene, tutto si ferma, e si raggiunge un equilibrio momentaneo. I rappresentanti manifestano la sensazione di pace, nell’individuale il cliente riconosce il proprio stato di benessere.

Il Momento dell’Equilibrio: Quando la Musica si Ferma

E poi, arriva quel momento in cui la musica si ferma. Il tango delle emozioni si esaurisce, e tutto si stabilizza. Non è mai una soluzione definitiva – perché la vita è in continuo movimento – ma è un punto di equilibrio, un momento di pace che permette al cliente di vedere con chiarezza ciò che prima era nascosto. È in questo equilibrio momentaneo che si trova la vera forza della costellazione: la possibilità di ripartire, di scegliere un nuovo cammino. O finalmente fermarsi e dar vita ad un ordine interno diverso, sul quale costruire una storia nuova che mi appartiene davvero.

Immagine di Manuela Ascari

Manuela Ascari

Trasformo idee in favole.
Laureata in pedagogia e scienze tecniche psicologiche, esperta in PNL, ipnosi Eriksoniana e Costellazioni Familiari Sistemiche.